Avevo intenzione di appuntare qui le mie ultime avventure da lettrice e parlare di Anna Karenina (ipnotico, ma, sorpresa: non è proprio la storia di Anna! anzi secondo me l'attore principale è un uomo) del Club erotico del martedì (divertente!), di Paesi etruschi (un viaggio in chiave antiromana e antifascio, godibilissimo!) e del romanzo Le correzioni (da 5 stelline), di Domani nella battaglia... (non finito per mancata affinità a circa metà libro) ma, detto tra noi, non ho la forza mentale per farlo. Non ora. Lo dico ogni volta che decido di puntellare la mia memoria con delle annotazioni di lettura.
Siccome questa vuole essere una stanzetta personale e possibilmente gradevolmente autoreferenziale non vorrei portarci dentro la dura realtà esterna parlando anche solo di striscio di cronaca. Quindi, solo per chi non ne ha abbastanza, oggi ho appuntato qualche notizia sul mio minibox. Sono notizie buone, di loro, è quello che c'è di implicito che fa schifo.
Trovate anche dei link a cose belle e basta.
martedì 25 settembre 2007
mercoledì 12 settembre 2007
Cercasi piano B
A 6-7 anni volevo:
cantare nel coro dell'Antoniano; fare la ballerina classica.
Intanto attaccavo adesivi di Heather Parisi sul frigo immacolato.
A 13 anni, ispirata da Candy Candy, volevo fare l'infermiera. Solo un abbaglio.
Intanto mi apprestavo a iscrivermi a ragioneria e il locale ufficio di collocamento mi classificava "bracciante agricolo".
A 19 anni, col diploma di ragioniere in tasca, volevo fare l'insegnante di italiano.
Intanto rispondevo al telefono e facevo la prima nota.
Capito che la contabilità non faceva per me mi sono iscritta a Lettere. Intanto facevo: la dog-sitter, la donna delle pulizie, la commessa, la segretaria, l'autista, etc.
Presa la laurea mi è parso subito chiaro che per me fare l'insegnante era come fare la ballerina classica: magari in un'altra vita. Se va bene.
Allora ho continuato a fare la segretaria, poi l'apprendista bibliografa, l'aspirante bibliotecaria.
Ma in tutto questo fare sempre quello che non vuoi non ho avuto tempo di preparare un autentico "piano B".
Magari aveva ragione l'ufficio di collocamento ed è giunta l'ora di rivalutare il bracciantato. O di darsi all'ippica, come dicono dalle mie parti.
venerdì 7 settembre 2007
Le mie due prime volte in un colpo solo
Prima volta al balletto prima volta al Regio.
Il balletto
A leggere la locandina, per una profana come me, lo spettacolo sembrava interessante e prometteva bene. Era PUSH di Russel Maliphant, ballerino e coreagrafo, e Sylvie Guillem.
Erano rimasti solo dei posti "a ridotta visibilità" che la ragazza della biglietteria mi ha venduto un po' dispiaciuta dopo che avevo rifiutato di scegliere un balletto alternativo. Meno male che sono una testona e mi sono incaponita! Dal posto assegnato non avrei visto una mazza, in effetti, ma poi qualcuno si è spostato e ho guadagnato una decina di posizioni verso il centro della sala.
A vederlo, PUSH, anche per una profana come me, è esaltante: perfetto e altamente emozionante. Erano in due ma sembravano molti di più, ecco perché la foto, anche se sfocata mi sembra adeguata. Erano di più, in effetti, perché c'erano anche le luci (di Michael Hulls) a moltiplicare i corpi e aggiungere significato ai movimenti e le musiche (di Andy Cowton) a regolare le emozioni. Quattro le coreografie, tutte diverse e tutte molto belle. Le ultime due le più coinvolgenti.
TWO, assolo di Guillem: "una delle più abbaglianti e originali creazioni di Maliphant" un crescendo che esplode "nel finale come un deviscio rotante, con mani e piedi che grazie alle luci di Michael Hulls diventano lingue di fuoco, forma indistinta di luce e movimento. Il corpo della ballerina sembra evaporare nel vortice."
PUSH, passo a due: "Oscillando, lasciando cadere i propri corpi in caduta libera o incrementando l'energia che li lega, i due ballerini sono catturati dell'intimità del loro linguaggio intensamente fisico. C'è qualcosa di ammaliante nella loro lenta e sensuale connessione, come se la coreografia fosse stata scolpita in assenza di gravità."
Avrei voluto che continuasse.
Alla fine, venti minuti di applausi e le loro facce felici che tornavano tante volte a ringraziare il pubblico.
Il teatro
Dopo 13 anni a Torino, ero molto curiosa di vedere il teatro Regio.
Forse non farà fine dire che è brutto, ma a me è parso proprio così: brutto. Rivestito di legno tinto di un rosso che a me ha fatto pensare alle imbarcazioni (stile marinaro ?) abbinato a delle strane decorazioni viola (?); con dei palchetti ridicolmente appesi senza un perché; a condire il tutto, un discreto eco a tratti. Un palco molto profondo seminascosto da una cornice pesante quanto inutile - a meno che lo scopo dichiarato non fosse quello di nascondere il palco.
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